Francesca Isola
Presidente
ASC InSieme
Presentazione
Quando io e i miei fratelli siamo stati abbastanza grandi da poter ricevere la paghetta settimanale, noi piccoli avevamo meno dei grandi… discutemmo con i nostri genitori: Siamo tutti vostri figli, perché non ci date la stessa paghetta? Ci risposero che finché non avessimo avuto gli stessi bisogni non avremmo ricevuto la stessa paghetta. I nostri bisogni erano diversi e il principio del "a ciascuno secondo il suo bisogno" era un fondamento di equità. La sintesi che mi sono portata dietro per tutta la vita è: a ognuno secondo il suo bisogno.
Francesca Isola nasce a Riolo Terme (RA) il 22 agosto 1954.
È una nascita improvvisa e inaspettata, non solo perché pretermine, durante una visita della madre presso la casa di famiglia, dove Francesca viene avvolta nelle maglie dello zio, unico corredo a disposizione, ma perché è una gemella, apparsa, per la sorpresa di tutti, solo al momento del parto.
Insieme al suo gemello Francesca è anche quarta/quinta figlia di un nucleo già numeroso, non solo per i figli, che poi diventeranno sei, ma per la presenza molto significativa di nonni e zii che abitano nello stesso edificio-casa di famiglia.
“Sono vissuta in una famiglia che ha contribuito molto alla mia formazione. I miei genitori avevano uno spirito molto solidaristico, sempre attento agli altri. Si esprimeva in modo laico in mio padre, era connotato da una visione religiosa in mia madre. Erano entrambi insegnanti di lettere alle scuole superiori. La nostra casa era sempre aperta e piena di persone. Molti dei loro studenti la frequentavano il pomeriggio dopo le lezioni. Soprattutto quelli di mio padre, che aveva una facilità di relazione molto spiccata e con il quale amavano intrattenersi a chiacchierare per ore. Alla sua morte diversi di loro si fecero presenti con manifestazioni di affetto e di riconoscenza che ci colpirono molto”.
La vita familiare di Francesca è decisamente influenzata dalle relazioni con fratelli e sorelle. Molto affiatati ed esclusivi i tre maschi, troppo grande la sorella maggiore, troppo piccola la minore. Francesca cresce come una metafora del suo cognome. “Ero molto isolata, seguivo la nonna e la zia che mi hanno cresciuta come una brava donnina di casa fino al momento in cui ho deciso di fare finalmente di testa mia e ho intrapreso tutt’altra strada”.
Per quanto la famiglia rimanga un riferimento imprescindibile, una base di presenza e di tranquillità che informa senza dubbio la sua sicurezza e la sua libertà, Francesca investe nel lavoro la maggior parte delle sue energie.
“Sicuramente ha influito anche l’esempio di mia madre. A quei tempi non esistevano tutele per la maternità delle donne lavoratrici. Ricordo che mia madre non ha mai smesso di insegnare. Due dei miei fratelli sono nati a dicembre; subito dopo l’Epifania lei era di nuovo in aula… e così dopo i parti di chi di noi è nato in estate; in autunno riprendevano le lezioni e lei il suo lavoro… certamente il contorno casalingo lo rendeva possibile… come poi è avvenuto per me quando è nata mia figlia… sotto casa avevamo i nonni e una zia, una persona di servizio e una dada che si occupava di noi e che viveva con noi… ma c’era in mia madre anche un rigore e un impegno sociale che ho sempre ammirato”.
La risultante di questo contesto è un’educazione improntata alla responsabilizzazione e all’autonomia e al tempo stesso aperta alla relazione e alla condivisione.
La rafforza un percorso scoutistico che accompagna Francesca dai dodici ai vent’anni. “È lì che ho imparato, oltre le mura domestiche, a stare in gruppo e a lavorare insieme. Per un certo periodo fui impegnata anche, come vicecaporeparto dei lupetti, nella zona di via Mirasole e di via Solferino, strade nelle quali c’era un concentrato di case popolari e di situazioni problematiche. È stata un’esperienza molto formativa che però, a un certo punto, sentii che non mi aiutava ad acquisire le competenze di cui avevo bisogno e che quindi lasciai. Successe durante un campo di formazione sulle colline di Parma dove fui richiamata perché invece di partecipare al circolo di Akela e di imparare l’urlo della pantera, rimasi nella camerata con due compagne a discutere di casi sociali, di bambini uno più disperato dell’altro, di povertà di tutti i tipi e di storie incredibilmente pesanti… e ricevetti una nota di demerito per indisciplinatezza”.
A tutto questo si aggiunge l’impronta di un deciso antimilitarismo familiare. “Quando i miei fratelli avrebbero dovuto fare il servizio militare mio padre suggerì caldamente, sebbene senza insistere troppo, di fare il servizio civile. In casa non sono mai girati soldatini, armi giocattolo o simili… erano cose bandite nel modo più assoluto. Poi quando è diventato grande, uno dei miei fratelli è andato in Nicaragua. Quell’esperienza mi ha segnato, attraverso i racconti suoi e di sua moglie. All’inizio degli anni Ottanta ci andai anch’io per un breve periodo”.
Trascorso il periodo dell’infanzia a Ravenna, dove Francesca frequenta le scuole elementari e le scuole medie, la famiglia si trasferisce a Bologna per facilitare la frequenza universitaria dei figli più grandi. È il 1968, Francesca si iscrive al Liceo Classico Galvani e mentre la famiglia rigenera, nella nuova città, il suo tratto inclusivo e “tribale”, figlie e figli contribuiscono, con il loro apporto di amicizie e compagnie, a renderla ancora più voluminosa.
“Andammo a vivere in una casa di otto appartamenti, dove abitiamo ancora più o meno tutti. C’erano i nonni e gli zii e ora siamo alcune sorelle e fratelli e i figli e i figli dei figli. Il clima è sempre rimasto lo stesso, una casa sempre piena di persone… quando eravamo giovani se qualcuno veniva a casa con un amico o con un compagno di scuola non c’era mai problema”.
Finito il Liceo Francesca si iscrive alla scuola di Servizio Sociale. “Volevo uscire di casa il prima possibile e quella mi sembrò una strada per poterlo fare in autonomia con un diploma che mi avrebbe permesso di lavorare in tempi brevi”. Contemporaneamente si iscrive alla Facoltà di Pedagogia, percorso che però abbandona per Scienze Politiche indirizzo amministrativo.
Dopo qualche esperienza come baby sitter e correttrice di bozze, il lavoro più strutturato comincia per Francesca nel 1977 con un incarico di assistente sociale presso i Comuni di Guastalla e di Luzzara al confine tra Emilia e Lombardia. “Bastarono tre mesi per capire che non faceva per me. Non mi spaventò tanto il fatto di essere buttata senza rete, unica assistente sociale di un territorio molto provinciale, con unico riferimento dei segretari comunali che non erano proprio di larghe vedute, ma l’atteggiamento di giudizio nei confronti degli utenti da parte delle assistenti domiciliari che mi accompagnavano, la loro sospettosità e l’atteggiamento di ripicca. All’ennesima discussione, decisi di licenziarmi”.
Nel 1980 la scuola di Servizio Sociale segnala Francesca al Consorzio socio-sanitario di Casalecchio di Reno. “Era lo stesso territorio dell’attuale Unione. L’applicazione della Legge di riforma sanitaria 833/1978 stava determinando in quegli anni il passaggio alle Unità Sanitarie Locali. Cercavano un’assistente sociale da incaricare con contratto libero professionale per un lavoro amministrativo nell’area sociale Minori e Salute mentale. Pensavano forse di dirmi qualcosa che non si confaceva alle mie aspirazioni e invece io ero molto contenta di quell’incarico. È stata un’esperienza molto bella. Sono stati gli anni in cui si sono realizzati molti nuovi Servizi e in cui si viveva una grande collaborazione con i Comuni e una forte partecipazione cittadina. Le Unità Sanitarie Locali erano molto integrate al territorio e quello di Casalecchio era il più all’avanguardia della provincia di Bologna per innovazione”.
Nel 1984 la laurea in Scienze Politiche permette a Francesca di partecipare ad alcuni concorsi che valorizzano gli studi compiuti. Nel 1992 un concorso da Dirigente amministrativo la porta a lavorare al Servizio Personale dell’Unità Sanitaria Locale di Budrio per il quale lascia il territorio del distretto di Casalecchio di Reno.
Quando, nel 1994, vengono istituite le Aziende USL, e Budrio entra a far parte dell’Azienda Bologna Nord, insieme ai Distretti di San Giorgio di Piano e di San Giovanni in Persiceto, Francesca diventa Direttore amministrativo del Distretto di Budrio per il quale si occupa, fino al 2004, oltre che del Servizio Personale, anche del Servizio Acquisti e Concorsi. “Fu un’esperienza molto bella perché furono gli anni del superamento definitivo dell’istituzione manicomiale San Domenico e della realizzazione di una comunità residenziale e degli appartamenti di semiautonomia di Budrio e Molinella; gli anni in cui chiudemmo l’ospedale di Medicina e costruimmo quella che, ai primordi, fu una prima Casa della Salute, cioè un poliambulatorio con annessa Casa Protetta; e anche gli anni della trasformazione dell’ospedale di Molinella in poliambulatorio con Servizio residenziale per la Salute Mentale. Io mi occupavo di tutti i contratti di gestione delle Case Protette di Budrio, Medicina e Molinella”.
Intanto nel 1998 Francesca è nominata Direttore amministrativo del Presidio ospedaliero dell’AUSL Bologna Nord che coinvolge gli ospedali di Budrio, Bentivoglio e San Giovanni. “Era un presidio ospedaliero di circa quattrocentro/quattrocentocinquanta posti letto. Ci fu un primo percorso di riassetto e di integrazione tra le specialistiche dei tre ospedali, poi istituimmo, primo nella provincia di Bologna, il Dipartimento di emergenza-urgenza. Un altro percorso innovativo per quei tempi fu la costituzione di un laboratorio di analisi centralizzato che fu collocato a Bentivoglio. Per questo Servizio mi occupai di tutto l’aspetto contrattualistico… organizzammo anche una rete di punti prelievo nel territorio che dovevano confluire nel laboratorio unico… poi si cominciò con la rete dei CUP…”.
Nel 2004, al momento della costituzione dell’Azienda unica di Bologna, Francesca viene chiamata dalla Direzione generale a ricoprire il ruolo di Responsabile delle Risorse umane e delle relazioni sindacali. “Furono sei anni faticosissimi… c’erano tutte le problematiche legate all’unificazione delle tre Aziende Sud, Nord e Bologna e la questione spinosa per la omogeneizzazione dei contratti integrativi delle tre Aziende preesistenti”.
Nel luglio 2010 l’Azienda unica di Bologna chiama Francesca a ricoprire il ruolo di Direttore del Distretto di Casalecchio di Reno. “È un ruolo che ha coinciso con la costituzione di ASC InSieme con cui la collaborazione fu intensa e proficua, fin dall’inizio. Ho vissuto anche questa esperienza con entusiasmo, nonostante le fatiche legate al ritiro delle deleghe alla AUSL e i conseguenti immaginabili problemi con il personale… con l’Azienda che vedeva in questa operazione una deprivazione di proprie aree di competenza e di esperienze di lavoro, ma inevitabile per una coerenza e ricomposizione dell’ambito di cui doveva occuparsi la nuova Azienda. E tuttavia direi che il percorso fu condotto con sintonia e che è stato un periodo fecondo, anche rispetto alle relazioni con l’Ufficio di Piano e alla collaborazione con i Comuni”.
Nel marzo 2015 Francesca si sposta a Modena con l’incarico di Direttore amministrativo dell’Azienda USL di Modena. “Un’esperienza bella e faticosissima. C’erano delle difficoltà di bilancio e abbiamo dovuto procedere ad una pesante rimodulazione delle attività, sia amministrative che sanitarie, in un contesto non molto favorevole alla nuova Direzione. La nuova direzione, che veniva tutta da Bologna, ha riacceso, in un momento senza dubbio delicato, campanilismi e rivalità latenti. Il rapporto con i Sindaci è stato molto difficile, caratterizzato da significativi momenti di condivisione, ma anche momenti di circospezione. Nonostante tutto, sono state fatte delle cose importanti e significative per la sanità modenese”.
Quando nel luglio 2019 il Direttore generale termina il proprio mandato, Francesca rimette il proprio al nuovo Direttore generale. Pur a fronte di una prima conferma, il territorio preferisce una figura locale e Francesca opta per il collocamento a riposo.
Nel settembre 2019 alcuni Amministratori dell’Unione chiedono a Francesca la disponibilità ad impegnarsi nel Consiglio di Amministrazione di ASC InSieme, disponibilità che viene accordata.
“Il territorio lo conosco, molti operatori anche, mi sentivo anche in dovere di restituire la ricchezza professionale che avevo acquisito al territorio nel quale sono cresciuta. L’impostazione professionale derivata dall’integrazione socio-sanitaria e dall’attenzione all’utenza per me è maturata qui. Ho vissuto dei momenti di aggregazione importanti, con problematiche importanti, prima il Consorzio, poi l’Unità Sanitaria Locale, poi le Aziende USL, poi l’Azienda unica di Bologna… ho pensato di essere all’altezza di questi percorsi. Penso ai processi di integrazione come arricchimenti reciproci. Ognuno ci mette del proprio e ognuno perde qualcosa… ma non è un impoverimento perché l’integrazione è di per sé arricchente. Ma se rimani ancorato alla paura di perderci allora non funziona. Ho un’idea del territorio basata su un principio di equità come principio di vita. Quando io e i miei fratelli siamo stati abbastanza grandi da poter ricevere la paghetta settimanale, noi piccoli avevamo meno dei grandi… discutemmo con i nostri genitori: Siamo tutti vostri figli, perché non ci date la stessa paghetta? Ci risposero che finché non avessimo avuto gli stessi bisogni non avremmo ricevuto la stessa paghetta. I nostri bisogni erano diversi e il principio del ‘a ciascuno secondo il suo bisogno’ era un fondamento di equità. La sintesi che mi sono portata dietro per tutta la vita è: a ognuno secondo il suo bisogno”.
Corredano il percorso di Francesca una breve esperienza politica e una di volontariato. La prima, dal 1985 al 1989, come Consigliera comunale per il gruppo PCI e responsabile delle Commissioni consiliari Bilancio e Personale. La seconda, dal 2019, nelle Cucine Popolari di Bologna, una volta alla settimana, “ai fornelli, per centoventi pasti alla volta”.
Sposata dal 1975 Francesca ha una figlia (Marta, 1989).
Autovalutazione
Intendo il ruolo del Consiglio di Amministrazione come una cinghia di trasmissione tra il livello politico-amministrativo dell’Unione e dei Comuni e il livello di gestione proprio di ASC InSieme. È un ruolo che a volte sfugge nel contesto generale che lo considera ancora come un passaggio formale e non sostanziale nella relazione con l’Azienda. Il ruolo “politico” che rappresento come Presidente dipende da questa consapevolezza.
Quanto senti politicamente di riuscire a mantenere e consolidare relazioni?
“Mi sembra di avere un buon livello di relazione con i Sindaci e gli Assessori del settore. Con quelli che conoscevo da prima la relazione è stata, reciprocamente, un piacevole ritrovarsi. Oltre a Massimo Masetti e Massimo Bosso, penso anche a Milena Zanna e a Daniele Ruscigno… Ho ricevuto un benvenuto che non mi aspettavo. Anche le attestazioni alla mia presentazione degli Amministratori di recente nomina, e che non conoscevo, mi fanno pensare che la relazione è impostata molto positivamente”.
Quanto senti politicamente di riuscire a gestire conflitti?
“Posso parlare di situazioni potenzialmente conflittuali perché un vero e proprio conflitto tra ASC InSieme e i suoi interlocutori non c’è. Nelle relazioni avute fino a ora… per esempio nel confronto sul sistema di governance… tutto in divenire… penso di avere dato un contributo che è stato raccolto positivamente nella direzione di sciogliere nodi e trovare rispondenze”.
Quanto senti politicamente di riuscire a comunicare?
“Una buona comunicazione dipende dalla qualità delle relazioni costruite… penso di riuscire a gestirla discretamente”.
Quanto senti politicamente di riuscire a risolvere problemi?
“In genere lavoro non solo per trovare la soluzione dei problemi, ma per creare condivisione rispetto alla loro gestione e per un esito positivo. Preferisco le sinergie alle alleanze perché le alleanze implicano sempre un retropensiero conflittuale, l’essere gli uni contro gli altri. In questo riemerge la mia storia familiare… eravamo in molti… bisognava andare d’accordo, dando il giusto peso ai problemi. La sottovalutazione e la sopravalutazione non aiutano”.
Quanto peso politico senti di avere?
“Intendo il ruolo del Consiglio di Amministrazione come una cinghia di trasmissione tra il livello politico-amministrativo dell’Unione e dei Comuni e il livello di gestione proprio di ASC InSieme. È un ruolo che a volte sfugge nel contesto generale che lo considera ancora come un passaggio formale e non sostanziale nella relazione con l’Azienda. Il ruolo “politico” che rappresento come Presidente dipende da questa consapevolezza”.
Quanta leadership senti di avere?
“Non mi ritengo una leader in senso stretto, non ho mai avuto spinte leaderistiche… lo spazio che occupo è uno spazio che mi sono conquistata e che mi corrisponde… non sono cioè una “trascinatrice”. Se invece per leader si intende una figura di riferimento, allora penso di esserlo. E voglio esserlo… penso per esempio alla competenza di tutela minori che ho in qualità di Presidente di ASC InSieme e che interpreto cercando di essere un riferimento esterno al Servizio, da cui l’impegno a stimolare pensiero, a offrire elementi costruttivamente critici, a suggerire prospettive altre, a favorire una maggiore elaborazione. Leader quindi nel senso di chi mostra una via possibile”.Riflessione
La sovracomunalità è una dimensione arricchente se ogni soggetto che la compone si sente riconosciuto, si sente a casa… in una casa più grande della propria. L’idea di base è che l’unione fa la forza. A livello politico, nell’ambito della gestione dei Servizi, penso che sia una dimensione ineluttabile. Da soli si fa solo più fatica. E con minori risultati.
Qual è la tua idea di sovracomunalità?
“La sovracomunalità è una dimensione arricchente se ogni soggetto che la compone si sente riconosciuto, si sente a casa… in una casa più grande della propria. L’idea di base è che l’unione fa la forza. A livello politico, nell’ambito della gestione dei Servizi, penso che sia una dimensione ineluttabile. Da soli si fa solo più fatica. E con minori risultati”.
Qual è la tua idea di sussidiarietà?
“La sussidiarietà è un principio ispiratore che ci viene dalla Costituzione. Stimolare la partecipazione alla cosa pubblica di soggetti terzi è un processo fondamentale di crescita civica, una forma necessaria di maggiore responsabilizzazione della collettività, un presupposto cogente che l’ente pubblico deve sapere promuovere e valorizzare”.
Qual è la tua idea di solidarietà?
“Se c’è sussidiarietà c’è anche solidarietà. Questo vale anche per le relazioni tra operatori. La collaborazione, il confronto, funzionano anche perché aumentano la reciprocità. Mi sembra che in ASC le équipe siano dei bei gruppi di lavoro. Penso che questa sia una ricchezza da valorizzare. È una dimensione che fa crescere l’identità professionale, il senso dell’ente per cui lavori e che predispone in modo migliore verso l’utenza”.
Qual è la tua idea di omogeneità?
“In un ambito che si chiama Unione la trasversalità degli interventi deve essere improntata a un livello di omogeneità che non faccia sentire disuguaglianza degli uni rispetto agli altri. Perché questo si produca, è importante saper cogliere i bisogni della cittadinanza. Il ruolo di ASC InSieme è quello di rappresentare bene questi bisogni ai Comuni. Il Comune ha interesse a garantire un buon livello di Servizi per i propri cittadini, che però può essere “condizionato” dal pensiero del consenso o dalla pressione delle opposizioni. Per ASC la lettura del bisogno è “neutra” perché non abbiamo questi vincoli. Noi abbiamo il dovere di funzionare bene, nel rispetto degli indirizzi che l’Unione ci dà”.
Qual è la tua idea di condivisione/differenziazione?
“Una condivisione di vedute e di indirizzi con la parte politica è fondamentale perché siamo espressione dell’amministrazione dell’Unione. Quindi, per quello che riguarda il Consiglio di Amministrazione la condivisione ha questo senso: condivisione degli indirizzi e degli obiettivi con il personale a cominciare dalla Direttora e dall’Ufficio di Direzione fino a tutte le operatrici e gli operatori. La differenziazione è necessaria in base a quello a cui dobbiamo rispondere. Differenziare non è un male, basta che abbia dei criteri e dei presupposti che garantiscano compatibilità e sostenibilità. La sostenibilità dell’Azienda è un imperativo dal punto di vista formale del Bilancio, ma vuole dire anche essere riconosciuti come un soggetto che dà delle risposte appropriate. Devi essere consapevole delle risorse che hai e sapere come utilizzarle al meglio”.
Che idea hai delle Politiche di Pari Opportunità?
“Le politiche di Pari Opportunità sono parte del nostro mandato e dell’azione di ASC InSieme. Sono politiche rivolte sia all’interno dell’Azienda che all’esterno. Per interno intendo non tanto la maggiore presenza delle donne, che in ASC sono decisamente la maggioranza, ma pari opportunità professionali, di riconoscimento, di gratificazione, di carriera. È il dare a tutte e tutti l’opportunità di concorrere e di essere riconosciute e riconosciuti. Sul fronte dei Servizi si tratta di tenere in conto che si parte da situazioni disomogenee, per cui chi ha meno deve avere una diversa attenzione rispetto a chi ha di più. È un lavoro che implica una forte sinergia con il territorio. ASC InSieme non è un soggetto unico ed esclusivo. Però le nostre competenze devono servirci a essere promotori, per esempio nei confronti delle istituzioni scolastiche. È un sottotraccia che dobbiamo far sì che diventi un patrimonio condiviso e diffusamente interiorizzato. Le azioni verranno di conseguenza”.